Come il microclima caldo minaccia il cuore dei lavoratori

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Estate: allarme rosso nei cantieri e nei campi.

L’estate è arrivata, e con essa un nemico invisibile e sempre più aggressivo si insinua nei luoghi di lavoro all’aperto: il microclima caldo.

Per migliaia di lavoratori in Italia, impegnati nei settori vitali dell’agricoltura, dell’edilizia e della manutenzione stradale, l’innalzamento delle temperature non è solo una questione di disagio, ma una minaccia concreta e spesso sottovalutata per la loro salute e sicurezza. Un rischio che, nei casi più estremi, può portare a conseguenze fatali come l’arresto cardiaco.

L’emergenza caldo nei luoghi di lavoro all’aperto è una sfida complessa che richiede un impegno corale. Dalle istituzioni, che devono rafforzare i controlli e promuovere campagne di sensibilizzazione, alle aziende, che hanno la responsabilità di implementare tutte le misure di prevenzione necessarie, fino ai singoli lavoratori, che devono essere consapevoli dei rischi e adottare comportamenti virtuosi.

Proteggere i lavoratori dal microclima caldo non è solo un obbligo di legge, ma un imperativo etico.

Significa investire in una cultura della sicurezza che metta al centro la persona.

Significa, in ultima analisi, garantire che alla fine di una dura giornata di lavoro, ogni lavoratore possa tornare a casa, sano e salvo, dalla propria famiglia.

L’estate non deve più essere una stagione di allarme rosso, ma un periodo di lavoro sicuro e protetto per tutti.

Quando il sole diventa un rischio professionale

Con il cambiamento climatico che intensifica la frequenza e la potenza delle ondate di calore, il concetto di “rischio professionale” si è drammaticamente ampliato.

Lavorare per otto ore sotto un sole cocente, con temperature che superano abbondantemente i 35°C e tassi di umidità elevati, sottopone l’organismo a uno stress straordinario.

Il corpo umano, per mantenere la sua temperatura interna costante intorno ai 37°C, attiva un complesso meccanismo di termoregolazione, il cui strumento principale è la sudorazione.

Ma quando l’ambiente è troppo caldo e umido, questo sistema può andare in crisi.

I settori più a rischio sono quelli che per loro natura si svolgono all’aperto, con un’intensa attività fisica:

  • Edilizia: i cantieri edili sono veri e propri “hot spot”. Le superfici metalliche, il cemento e l’asfalto assorbono e riflettono il calore, creando un microclima rovente. Gli operai, spesso appesantiti da indumenti da lavoro e dispositivi di protezione individuale, sono esposti a un rischio elevatissimo di colpo di calore, una condizione medica di emergenza che può danneggiare permanentemente cervello, cuore e reni;
  • Agricoltura: il lavoro nei campi, sotto il sole diretto per ore, è un altra fronte di alta criticità. I braccianti agricoli, impegnati nella raccolta di frutta e verdura, sono tra le categorie più vulnerabili. La fatica fisica, unita alla disidratazione, può portare a un rapido deterioramento delle condizioni di salute.
  • Manutenzione Stradale: gli operai che si occupano della posa e della manutenzione dell’asfalto lavorano a contatto con un materiale che può raggiungere temperature di 140-160°C. In queste condizioni, il rischio di stress da calore è estremo e richiede misure di prevenzione rigorose. Le stesse condizioni valgono per i lavoratori che si occupano dello sfalcio erba, non entrano a contatto con materiali roventi, ma stare tutto il giorno sotto il sole coperti dai vari dispositivi di protezione sottopone il fisico a stress elevati.

Le patologie legate al caldo sono molteplici e vanno dai crampi da calore, all’esaurimento da calore, fino al già citato e temibile colpo di calore.

I sintomi iniziali possono essere subdoli: affaticamento, vertigini, nausea, mal di testa.

Spesso vengono ignorati o attribuiti alla normale stanchezza, ma sono i primi campanelli d’allarme di un corpo sottoposto ad elevato stress che può avere anche tragiche conseguenze.

Il cuore in affanno: l’aumento del rischio di arresto cardiaco

Uno degli aspetti più allarmanti e meno conosciuti del lavoro in condizioni di microclima caldo è l’aumento del rischio di eventi cardiovascolari gravi, incluso l’arresto cardiaco.

Recenti studi scientifici, come quello pubblicato sulla prestigiosa rivista JACC (Journal of the American College of Cardiology), hanno dimostrato una correlazione diretta tra le ondate di calore e un’impennata dei decessi per cause cardiache.

Il caldo eccessivo costringe il cuore a un super lavoro. Per dissipare il calore, i vasi sanguigni si dilatano (vasodilatazione), e il cuore deve pompare più sangue verso la pelle. Questo aumento della frequenza cardiaca e del carico di lavoro può essere fatale per chi ha già patologie cardiovascolari preesistenti, anche se non diagnosticate. La disidratazione, inoltre, rende il sangue più denso, aumentando il rischio di formazione di trombi che possono ostruire le arterie coronarie e provocare un infarto.

Le statistiche sugli infortuni sul lavoro in Italia, pur non avendo ancora una categoria specifica per i decessi legati al caldo, mostrano un quadro preoccupante.

I settori delle costruzioni e dell’agricoltura registrano ogni anno un numero elevato di infortuni, anche mortali. È lecito supporre che una parte di questi, soprattutto nei mesi estivi, sia direttamente o indirettamente collegata allo stress termico

Storie di cronaca, purtroppo sempre più frequenti, raccontano di operai e braccianti che si accasciano al suolo, vittime di un malore fatale durante le ore più calde della giornata. Vere e proprie tragedie che, in molti casi, si sarebbero potute evitare.

Le linee guida INAIL: una bussola per la prevenzione

L’INAIL da anni ha messo a punto delle linee guida chiare e dettagliate per la gestione del rischio da microclima caldo.

Queste non sono semplici raccomandazioni, ma veri e propri obblighi per il datore di lavoro, che è tenuto a valutare tutti i rischi per la salute e la sicurezza dei propri dipendenti, inclusi quelli legati agli agenti fisici come il clima.

La valutazione del rischio deve tenere conto di diversi fattori:

  • Condizioni ambientali: temperatura dell’aria, umidità relativa, ventilazione e irraggiamento solare.
  • Tipo di attività lavorativa: il dispendio energetico richiesto dalla mansione.
  • Vestiario: l’abbigliamento da lavoro e i DPI possono ostacolare la traspirazione.
  • Caratteristiche individuali del lavoratore: età, stato di salute, acclimatazione.

A supporto di questa valutazione, l’INAIL, in collaborazione con il CNR, ha sviluppato il progetto Worklimate, una piattaforma previsionale che fornisce bollettini di allerta sul rischio calore per diverse località italiane, specifici per i lavoratori. (clicca qui per accedere alla piattaforma).

Una volta valutato il rischio, è necessario adottare una serie di misure di prevenzione e protezione:

  • Riorganizzazione del lavoro: modificare gli orari di lavoro, programmando le attività più pesanti nelle ore più fresche della giornata (mattina presto o tardo pomeriggio). Prevedere una rotazione dei compiti per alternare mansioni pesanti a mansioni più leggere.
  • Pause: aumentare la frequenza e la durata delle pause, da effettuarsi in luoghi freschi e ombreggiati.
  • Idratazione: mettere a disposizione acqua fresca potabile in abbondanza e incoraggiare i lavoratori a bere frequentemente, anche se non avvertono lo stimolo della sete.
  • Abbigliamento: fornire abiti leggeri, traspiranti e di colore chiaro, oltre a un copricapo a tesa larga per proteggere testa e collo.
  • Informazione e Formazione: informare i lavoratori sui rischi legati al caldo, sui sintomi delle patologie correlate e sulle misure di prevenzione da adottare. È fondamentale che ogni lavoratore sia in grado di riconoscere i segnali di pericolo su se stesso e sui propri colleghi.

Il medico competente e la sorveglianza sanitaria

La figura del medico competente assume un’importanza cruciale nella gestione dei lavoratori esposti al rischio derivante da un microclima caldo, un fattore di stress fisico che può avere conseguenze anche gravi sulla salute.

Il primo e fondamentale compito del medico del lavoro è quello di effettuare una rigorosa sorveglianza sanitaria.

Questa non si limita a una semplice visita generica, ma si concretizza in un protocollo sanitario mirato.

La base di partenza è sempre un’accurata anamnesi, che indaga la storia clinica personale e familiare del lavoratore, con un’attenzione particolare a un’eventuale anamnesi farmacologica per identificare l’assunzione di farmaci che possono interferire con i meccanismi di termoregolazione (diuretici, beta-bloccanti, antistaminici, alcuni psicofarmaci).

Segue un esame obiettivo completo che include la misurazione della pressione arteriosa e della frequenza cardiaca e l’auscultazione toracica.

Per ottenere un quadro clinico esaustivo e formulare un giudizio di idoneità, il medico competente può ritenere opportuno effettuare specifici accertamenti diagnostici, strumentali e di laboratorio.

Questi esami aiutano il medico del lavoro a valutare la funzionalità degli organi più sollecitati dallo stress termico. Tra i principali accertamenti rientrano:

  • Elettrocardiogramma (ECG): Un esame fondamentale, spesso eseguito a riposo come test di base per tutti i lavoratori esposti. Solitamente è prescritto per quelli sopra i 40-45 anni o con fattori di rischio cardiovascolare (ipertensione, fumo, familiarità).
  • Spirometria: Utilizzata per valutare la funzionalità respiratoria, poiché anche l’apparato respiratorio è messo sotto sforzo in condizioni di caldo intenso.
  • Esami ematochimici: Analisi del sangue mirate a controllare la funzionalità renale (attraverso la misurazione della creatinina), l’equilibrio idro-elettrolitico (sodiemia, potassiemia), fondamentale per prevenire crampi e spossatezza, e il metabolismo glucidico (glicemia), dato che il diabete è un importante fattore di rischio.
  • Esame completo delle urine: Fornisce ulteriori indicazioni sullo stato di idratazione e sulla funzione renale.

Solo attraverso l’integrazione di tutti questi dati il medico può individuare i soggetti “ipersuscettibili” e esprimere il corretto giudizio di idoneità, che può includere specifiche limitazioni o prescrizioni.

N.B.: è doveroso sottolineare che questi sono solamente degli esempi, le scelta degli accertamenti diagnostici da effettuare sono ad esclusiva responsabilità del medico competente il quale redige il protocollo sanitario, ovvero l’insieme degli atti sanitari cui sottoporre il lavoratore.

Un altro aspetto fondamentale è l’informazione e la formazione dei lavoratori sui rischi, sui sintomi premonitori e sui comportamenti corretti da adottare; infine, partecipa alla pianificazione delle emergenze, definendo i protocolli di primo soccorso.

Il suo è un ruolo di consulente globale, un presidio indispensabile per tutelare il benessere dei dipendenti e promuovere una cultura della sicurezza che veda nella prevenzione lo strumento più efficace.

L’importanza del defibrillatore e della formazione BLSD

Di fronte al rischio concreto di arresto cardiaco, la prevenzione è fondamentale, ma non sempre sufficiente.

In caso di arresto cardiaco, ogni minuto è prezioso. Le possibilità di sopravvivenza diminuiscono drasticamente con il passare del tempo. L’intervento immediato con le manovre di rianimazione cardiopolmonare (RCP) e, se necessario, con l’uso del defibrillatore, può fare la differenza tra la vita e la morte, in attesa dell’arrivo dei soccorsi sanitari.

Avere lavoratori addestrati al BLSD, Supporto Vitale di Base con l’uso del Defibrillatore, significa poter contare su soccorritori laici in grado di riconoscere un arresto cardiaco, allertare correttamente il 118 e iniziare subito le compressioni toraciche di alta qualità. Il DAE, un dispositivo semplice e sicuro da usare anche per personale non sanitario, è in grado di analizzare il ritmo cardiaco e, se necessario, erogare una scarica elettrica per far ripartire il cuore.

Sebbene la normativa italiana non preveda ancora un obbligo generalizzato di DAE in tutte le aziende, la loro presenza è fortemente raccomandata, soprattutto in ambienti di lavoro ad alto rischio come i cantieri e le aziende agricole, spesso situate in aree isolate dove i tempi di intervento dei soccorsi possono essere più lunghi. Investire in formazione BLSD e in un defibrillatore non è solo un atto di responsabilità sociale, ma una scelta strategica per tutelare il bene più prezioso di ogni azienda: le persone.

Clicca qui per approfondire l’argomento e visionare il documento INAIL pubblicato a giugno 2025.

Il Welfare Aziendale: la prevenzione passa anche dal benessere

I protocolli sanitari stabiliti dal medico competente servono a valutare e tutelare la salute dei lavoratori che nel periodo estivo sono soggetti a questi rischi, tuttavia azioni di Welfare Aziendale, inserendo check-up specifici e avanzati per il sistema cardiovascolare, oltre ad essere uno strumento di prevenzione straordinariamente efficace aumentano la reputazione dell’azienda, l’attrattività presso i nuovi assunti e la diminuzione del turn over: un lavoratore difficilmente se ne andrà da un ambiente in cui si fa prevenzione e cultura della sicurezza.

Attraverso pacchetti di esami del sangue, esami diagnostici e visite specialistiche, è possibile individuare precocemente i lavoratori più a rischio di sviluppare patologie cardiovascolari

Un semplice elettrocardiogramma, un controllo della pressione arteriosa e dei valori di colesterolo e glicemia, oltre a tutta una serie di altri esami, possono rivelare condizioni latenti che, se esposte a uno stress termico intenso, potrebbero avere conseguenze drammatiche.

I piani di welfare aziendale che includono screening sanitari non sono un costo, ma un investimento con un ritorno tangibile. Un lavoratore sano e consapevole del proprio stato di salute è un lavoratore più sereno, più produttivo e meno soggetto ad assenze per malattia. Inoltre, la normativa fiscale italiana prevede importanti agevolazioni per le aziende che investono in welfare, rendendo questa scelta ancora più vantaggiosa.

Immaginiamo un’impresa edile o un’azienda agricola che, all’inizio della stagione estiva, offra a tutti i suoi dipendenti un check-up cardiovascolare. In questo modo, il medico competente potrebbe identificare i soggetti più fragili e, in accordo con il datore di lavoro, adottare per loro misure di tutela ancora più stringenti, come l’assegnazione a mansioni meno faticose o l’esenzione dal lavoro durante le ondate di calore più intense. Questo non è utopia, ma un modello di medicina del lavoro moderna, predittiva e partecipata.